Il Telefonino in cattedra

Articolo pubblicato su  "www.isernianews.it"  il   27-01-2018

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(Lo Smartphone va a scuola)

Quando si parla di scuola, a chiunque vengono in mente cose come banchi, libri, zaini, professori e interrogazioni. Eppure, all’elenco di tutte queste cose, si dovrà aggiungere anche il telefonino. Lo ha promesso il Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Valeria Fedeli, sottolineando che lo smartphone è sicuramente uno strumento capace di “facilitare l’apprendimento” dei ragazzi. Preso atto dell’inevitabile dilagare (clandestino) dei telefonini fra i banchi di scuola, la Fedeli è arrivata alla conclusione che proibirne l’uso in aula è del tutto controproducente.

Per il ministro dell’Istruzione, la comparsa delle tecnologie digitali ha sicuramente “cambiato i comportamenti di una società assieme ai suoi modelli educativi” rendendo non più possibile continuare a separare il mondo tecnologico dei ragazzi da quello della scuola. Tuttavia – continua il ministro – lasciare in mano agli studenti i propri telefonini durante le ore di lezione, non significa autorizzarne chat e libere navigazioni, ma potenziarne la formazione servendosi di uno strumento nuovo e a loro molto familiare. Secondo il (giusto) punto di vista di Valeria Fedeli, “i ragazzi non possono (e non devono) essere lasciati soli, ma devono essere accompagnati ed educati nell’uso delle nuove tecnologie digitali". Lasciati a se stessi, infatti, è più probabile che, dall’esperienza digitale, non imparino assolutamente nulla, trovino false informazioni o diventino vittime di ‘cyberbullismo’.

Questa interessante prospettiva didattica necessita di una regolamentazione attraverso un apposito ‘Decalogo d’uso’, la cui realizzazione è stata commissionata a una squadra di 15 esperti. Con regole chiare occorre stabilire: cosa è possibile (e lecito) fare con un telefonino, come utilizzarlo e quando va acceso o tenuto spento. Occorrono regole che insegnino a proteggere e custodire adeguatamente il proprio device per evitarne furti e manomissioni; regole, insomma, necessarie per salvaguardarne le informazioni memorizzate, al fine di evitare che esse possano essere rubate, alterate o cancellate. Si dovrà insegnare ai ragazzi anche a non cadere vittima di stupide mode consumistiche; tendenze che costringono a rincorrere l’ultimo modello uscito sul mercato e a discriminare chi, invece, non ce l’ha e non se lo può permettere. Il Decalogo conferma, già nei primi punti, che ogni novità comporta sempre dei cambiamenti i quali, però, non devono essere mai rifiutati, bensì compresi e utilizzati per potenziare ed agevolare le conoscenze di un individuo. Nel caso specifico, gli smartphone devono diventare un nuovo strumento didattico, che insegnanti, genitori e alunni, possano utilizzare con competenza, creatività e consapevolezza, da bravi ‘cittadini digitali’. Da parte sua, ogni istituto scolastico deve fornire una appropriata connettività all’interno dei suoi ambienti e adottare ‘Politiche d’Uso Accettabile’ per siffatte tecnologie. Per fare in modo che insegnanti e genitori sappiano coinvolgere e appassionare i ragazzi alle nuove tecnologie – nuovo e potente mezzo didattico da utilizzare in classe e a casa – è assolutamente necessario che essi vengano adeguatamente formati e responsabilizzati al pari dei ragazzi.

Del resto, la tecnologia, come la stessa rete internet, è fortemente aggregante (si pensi a piattaforme come WhatsApp, Instagram e Facebook). Senza una appropriata formazione sul campo, svolta da esperti, soprattutto nel settore della sicurezza informatica, device come smartphone, tablet e computer rischiano di generare per gli utenti più sprovveduti, ingenui e distratti, situazioni spiacevoli e assai pericolose. Senza formazione e sensibilizzazione, quanto espresso dal ministro Fedeli nel suo recente Decalogo, rischia di rimanere ‘lettera morta’ e di provocare ancor più disagio e confusione in ambienti delicati e particolari come quelli scolastici e familiari.

I-Forensics Team

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